Sbarcato su Rai2 il 4 aprile del 1978 alle 19,10 Atlas Ufo Robot insomma Goldrake esordiva sui canali italiani. Mi piacciono gli effetti delle cose, più delle ricorrenze. Ricordo che 30 anni fa a quest’ora stavo aspettando che andasse in onda di nuovo. La seconda puntata. Non avevo mai visto niente di più bello, con le sequenze della trasformazione. Actarus. E il suo robot Grendizer, con le corna e la V rossa davanti. I mostri di Vega. Paure remote dallo spazio, che ci servivano per immaginare e costruire mondi ancora prima di riuscirci, prima di provare il fallimento della fase adulta, il naturale corso delle cose.
L’avevo visto ieri sera per la prima volta, insieme a me tanti ragazzini: alla fine dell’anno avremmo chiesto tutti solo due cose per Natale: i Micronauti o il disco volante con dentro il robot dei Raggi Fotonici, dell’Alabarda Spaziale, magari il modellino in metallo. Quello più bello, non come le copie di oggi in plastica tecnologica, privi della spensieratezza costruttiva tipica degli esordi del comparto “toys”, i giocattoli. I più fortunati ci riuscivano, a me spettò un bellissimo fortino con cowboy e indiani, che a questo punto vincevano sempre (gli indiani, altro che riserve invocate dalla Lega Nord…). Almeno lì la potevo far scontare, pacificamente, a qualcuno.
In piena epoca di Brigate Rosse e spari con alzo ad altezza uomo, psicologi e sociologi (lo stesso accadeva in Francia, per la serie Goldorak, che registrava share del 100%), famiglie preoccupate per il nostro Futuro, insomma gli adulti, molti di loro, si lanciarono contro la presunta violenza degli episodi di quello che per me è semplicemente l’anime più bello che – almeno la mia personale Storia interiore – ricordi. La preoccupazione. Gli studi “scientifici”. Tutto faceva preoccupare per la nostra incolumità mentale. Forse era il momento storico che si stava vivendo. Che ci attaccava addosso paure che noi, invece, non avevamo di certo. Al massimo pensando che lanciandoci in aria, ci saremmo potuti trasformare senza problemi. Io mi feci una ferita sul polso sinistro, rompendo un vetro grande come due nemici vegani. Me la sarei portata addosso come il malessere interiore di Actarus, lontano dalla sua stella Fleed, distrutta da Vega. Come i raggi Vegatron che nella serie rischiavano di uccidere il pilota di Goldrake, l’hyppie extraterrestre con la tutina blu e rossa pacato e netto (si salverà nell’episodio 71/74 Goldrake Addio! mai trasmesso in tivu).
A 30 anni esatti dalla sua apparizione, mi piacerebbe rivedere l’intera serie. Che era il primo appuntamento “adulto” della mia generazione. Gli episodi puntate avevano uno storyboard complesso, che collegava tutte le puntate le une alle altre. Malinconia, rabbia, durata impegnativa di ogni episodio, facevano di noi ometti dall’animo impegnato – mi piacerebbe sapere che ne pensa Stefano Benni, cosa ne scriverebbe lui che ha scritto i mondi magici di Elianto e di Saltatempo.
A nessun produttore è venuto in mente di rieditare la serie Tv che inondò letteralmente l’immaginario collettivo di quegli anni. Non ho visto niente ieri che ricordasse l’esordio dell’Ufo Robot. Allora, come rappresentante di quella generazione, decreto che oggi è il Gran Giorno. E invece che continuare a scrivere andrò a rivedermi TUTTE le puntate in un solo giorno. Spero capirete…Ma nella vita bisogna fare solo le cose importanti. Goldraaaaake!