Bruno Bavota – The secret of the Sea

Una recensione con ascolto "live", The secret of the Sea di Bruno Bavota, Psychonavigation, uscita: 21 aprile 2014
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Il segreto del mare. Inizia proprio così, con una canzone che si chiama "Me and you", il nuovo album di Bruno Bavota, pianista napoletano. The secret of the Sea la release è prevista per il 21 aprile per l'etichetta Psychonavigation.
"Me and you" dunque, io e te, in cui però l'io pare rappresentare più le note del musicista, e il tu riferirsi invece all'acqua che, evidentemente, Bavota sembra portarsi appresso, quel mare di Napoli, fondo e violato, ed è tutto qui nelle note che, onda dopo onda, prendano la giusta distanza tra l'ascolto e l'intenzione.
Non è nuovo, certo, diranno alcuni, il "modern classical" di Bavota (cfr. Ludovico Einaudi, intervistato da noi qualche tempo fa, qui), gli echi del piano di Les nuites blanches cadono come pioggia, e rincorrono i ricordi del cuore (che parola traboccata nei testi d'ogni dove, eppure perché ignorarla? ndr). Le accelerazioni del pianista ci accompagnano, i martelletti di ogni suono echi di un mare che è sotto di noi, nel quale ci immergiamo ogni giorno, respiro di qualche attimo appena per riemergere ai giorni. Forse più forti, forse appena sufficiente per inspirare la salsedine e la schiuma dei giorni (come avrebbe detto il buon Boris Vian).
Nell'ascolto random di The secret of the Sea, c'è il tempo necessario e sufficiente per i mondi del bambino che siamo stati, e la ricerca di una balena bianca che non è perdizione però nè stanchezza, quanto corsa e sogno, nella track "The boy and the whale". La bellezza immortale di Melville – abbandonato da tutti dopo aver scritto di Moby Dick, fiaba troppo complessa, morto doganiere, nella solitudine che sempre spetta ai visionari. Visioni, dunque. Questo ci regala il disco di Bavota, e nell'incontro con il pizzicato acustico della chitarra, vi sono anche gli echi – pare, a chi scrive – di Into the Wild, la stessa perduta gioventù, lo stesso perdersi lontano. Il mare, appunto. La stessa concentrata attesa a fissare il vuoto, prima che l'altro vuoto, quello delle distrazioni di un mondo tecnologico buono solo per essere da un'altra parte, ci trasporti – paradossalmente – invece al centro di noi, e di ciò che siamo. Essere ciò che si è, questo sembra volerci dire il Bavota che parla con le sue note in "If only my heart"…
E poi "Hidden lights through smoky clouds", le luci e le nuvole soffuse, tutti gli istanti rallentati di una vita. Ci sarebbe più bisogno di talenti musical come Bavota, che alle 2 del mattino suonano un "organetto" nelle metropolitane solitarie di Londra, per pubblico un orso polare e una ragazza in iPad rosa (vedere video sotto).
 
Ne servirebbero di più di musicisti legati alla gavetta e meno allo scintillio della televisione. Più alla costante, creduta, carriera che passa dal mestiere e meno alla semplice possibilità dell'immediata ribalta dello show business.
Che poi, nel fare musica così, mica c'è da vergognarsi. A fare musica mentre il Mercato discografico è quello che è, e quello dei Media pure, è atto tutto sommato serio e di professione. Tutt'altro che idealista. Molto più "di mestiere" del far costruire agli altri. Non glielo abbiamo chiesto a Bavota se, come nella traccia Constellations, nelle costellazioni del suo suonare esista spazio per un fare musica studiando, e poi ricominciando daccapo ogni volta, guardandosi intorno davvero. Facendo esperienza. Andando a Londra, magari a suonare alla Royal Albert Hall. Vedendo il suo percorso di andata e ritorno parrebbe di sì, insomma…
Dopo i primi due album, La casa sulla Luna e Il pozzo d'amor, Bavota schiude un album intenso, di cui "Plasson" pare essere uno degli apici. Dismessi i suoni a tratti ingenui dei primi, in The secret of the Sea, il musicista picchia duro sui tasti, sicuro come Faulkner che riusciva a scrivere di fatica dopo averne portata a braccia, al lavoro che rende le proprie mani. Perché solo questo è, forse. Ed è vivo, il ritmo di Bavota che scaturisce, le dita veloci o lente, incrociate; suono percosso come una miriade di scintille a fior d'acqua.
Una prova d'autore che prende la rincorsa, come nell'omonima traccia dell'album. C'è solo da augurarsi, per lui ma per noi, tutti, per ciò che c'è lì fuori e quello che possiamo essere, che questo sia solo l'inizio – arrivato già al terzo passo, ma il ragazzo è giovane e si farà – del percorso. Di uno slancio che lo porti. Lontano. L'artista e l'uomo. O almeno dove vuole lui. 
Rimarrebbe solo da andarlo ad ascoltare live. Il sito, www.brunobavota.it